Il Palco
Il palco, è incredibile il numero di vicende che rappresenta un palco. Chiunque ami lo sport, o lo spettacolo lo ha presente , lo vive in milioni di modi, ne impara ad amare le fattezze, le dimensioni e l'altezza. Ogni palco si deve adattare alla situazione in cui è posto. Splendido è quello del Donizzetti, perla di Bergamo, ma come non ricordare con affetto quello che ogni anno riappare nel cortile dell'oratorio per la festa dello sport, ben coperto da uno spesso telone , sotto il quale serate di pioggia si accorre a riapararsi, o il mitico ed ampio palco delle feste dell'Unità che per anni è stato e forse sarà la chiave dello scoppiare dell'estate.
No, no , ce ne sono altri da ricordare, il freddo pavimento del palco dell'oratorio, unico reale epicentro di un intiera comunità, così giovane, così poco sfruttato, ma già così denso di ricordi, dalla prima ed ultima interpretazione di un barbone in Christmas Carol, all'interpretazione di una commediola sui problemi giovanili, quando uno sguardo agli occhi della protagonista ha indelebilmente marcato i miei ultimi anni di Teenager. Si , lo stesso sul quale ci ballano i bambini in maschera, o Simone mentre cercava di intrattenere la gente che per alcuni mesi accorreva alle sue feste.
Poi vengono palchi meno familiari ma che contengono valori altrettanto ricchi per l'anima, quello di San Marco di Udine, grande ? stretto? ma ci stiamo tutti? Che importa, un lavoraccio di un giorno a 400 Km. da casa per uno spettacolo per il quale il contributo alla scena era far squillare un telefono, per il resto 6 microfoni, 3 casse spia, musiche e tastiera da miscelare in due. E poi quello del Motion, con Freak ed invece quella sera in cui stringo la mano a Fiumani; ma ancora dato che ci siamo, anceh quello dell' auditorium di Piazza delal Libertà, quando con Marco e pochi aficionados si andava "A Gratis" a vedere Priviero o yiJoe Cool. Cosa mi avevano scritto? Il loro manager si chiamava Boffi. Boffa = Boffi? Me l'avevano firmato in 4/5 quel foglio che nascondeva un traccia, no di più, il giorno dopo fotocopiai l'originale, ed il venerdì (se non ricordo male), finiva la settimana, ma anche i miei sogni di tre anni e mezzo (si, era quasi precisamente quello il periodo intercorso tra quello sguardo decisivo) timorose mani ponevano quello stesso bigliettino in mani deliziose. Chissà forse quelle firme avranno significato la confusione della vita, tra intimità e l turbinio di eventi che mi coinvolgevano allora. Saranno state quelle a tramutare una dichiarazione sentita in un fallimento? a rendere quelle poche parole confuse e sincere , un qualcosa di spoglio? Avrà lei tenuto quel foglio anche solo per gli autografi degli sconosciutissimi Joe Cool? Ancora trovo il rimorso di non essere stato pulito, troppe volte ho mischiato due azioni per dimostrare che riesco a fare anche il di più.
Personalmente credo che il palco debba essere ampio, per permettere di esprimersi, si ma non troppo, soffro troppo di solitudine, e la mia timidezza mi fa rientrare in mezzo al gregge. Mi piace anche il riflettore, ma mi da troppa luce negli occhi. Ebbene meglio un po' di buio, non la penombra , non vedo le facce che mi stanno in fronte. Ecco così va bene, ho 5 metri di cavo, lo spazio della mia libertà. Del resto non che me ne faccia molto poiché il microfono mi richama all'ordine e il mio spazio si limita a qualche salto di interruzione.
Certo ogni volta la sera prima non dormi molto bene, e quando arrivi ti senti già stanco. Sempre credi che qualcosa sia rimasto per terra a casa. Niente di male, alla fine si rimedia a tutto ed il problema non era poi così grave. All'inizio appare così vuoto, chissà cosa ci vuole per riempirlo, ma quando appare la batteria è già tutta una altra storia, poi ampli ed infine le aste. Non resta nemmeno il pavimento su cui camminare. La testa e la stanchezza rendono i pochi chili di chitarra molto pesanti, ed i passi che vorrebero essere agili, si trovano incerti sul dove pestare le assi. Talvolta sono talmente morbide da pensare che non sarai in grado di starci in piedi, ma se c'è la moquette sicuramente puoi inciamparci. Ti giri e rigiri con i piedi ben alti, con la chitarra in mano finisci sempre a fare danni alle aste del crash. Ma quando cade il rumore è meno assordante di quanto non dica il suo nome.
Tutto montato inizi a sentirti importante, i compagni provano i loro suoni, ma il tecnico è un professionista e ci sa fare, devi solo ubbidirgli, e tutto è presto fatto.
L'impianto è pronto a ronzare, quando trema sai che è il tuo turno di tremare. Non ti resta che darti ai tuoi atteggiamenti da divo.
"Ma chi vuoi prendere in giro, ci saranno si e no 30-40 persone questa sera!"
Un panino gommoso ed una birra che non ne vuole sapere di scendere sono tutta la cena. Poi chissà se a stomaco pieno non si finisce per vomitare anziché cantare, la tensione è sempre la stessa, più o meno. Talvolta di più, forse troppo.
Quando sali sul palco t'aspetti che caschi il mondo, invece l'amplificatore è acceso, e il microfono risponde al tuo fiato.
Dopo qualche accordo, il classico, One ,2 , three. Parte il primo pezzo, stentato, no, ora va meglio. "Molte grazie, questa è l'ultima canzone, grazie ancora, bunanotte!"
Questa l'avevo scritta dopo il concerto fatto alla Festa dell'Unità, un emozione incredibile, per me ceh ci avevo visto suonare sempre solo gli idoli, pestare quelle assi, un grazie a tutti quelli che c'erano….
Marco